Lo stato francese fornisce delle imbarcazioni alla Libia: le ONG adiscono le vie legali !
Communicato stampa
Le nostre otto associazioni adiscono oggi le vie legali per denunciare la complicità della Francia per le violazioni dei diritti umani in Libia. Chiedono al tribunale amministrativo di Parigi la sospensione di una consegna di equipaggiamenti prevista dal ministero delle forze armate destinato alla guardia costiera libica, tenuto conto dei seri dubbi riguardanti la sua legalità.
Nel febbraio scorso, Florence Parly, ministra delle forze armate, annuncia l’acquisto di sei imbarcazioni rapide a beneficio della guardia costiera libica, per fronteggiare il “problema dell’immigrazione clandestina”. Per la prima volta, la Francia esibisce pubblicamente una collaborazione bilaterale diretta e concreta con la guardia costiera libica. Acquistando sei imbarcazioni per quest’ultima, la Francia partecipa al ciclo di violazioni dei diritti umani commesse in Libia contro rifugiati e migranti, offrendo mezzi logistici per intensificarle.
La Francia contravviene anche ai suoi impegni internazionali, rappresentati dal Trattato sul commercio delle armi e dalla Posizione comune 2008/944/PESC dell’Unione europea che le vietano di procedere a dei trasferimenti di materiale militare verso paesi dove rischiano di essere utilizzati per commettere o agevolare gravi violazioni dei diritti umani.
La guardia costiera libica ha tuttavia, a più riprese, deliberatamente messo in pericolo la vita e la sicurezza di rifugiati e migranti che sarebbe tenuta a soccorrere: ributtando in acque persone in difficoltà, minacciandole con armi, esplodendo colpi d’arma da fuoco. Sono stati segnalati anche casi di furti ai danni dei sopravvissuti, così come casi di minacce rivolte agli equipaggi delle navi delle ONG impegnate nelle operazioni di soccorso.
Consegnando queste imbarcazioni alla guardia costiera libica, la responsabilità della Francia è ancora più grande se si considera che la maggior parte delle persone attualmente rinchiuse nei centri di detenzione in Libia sono state intercettate in mare dagli stessi guardacoste libici. I rifugiati e i migranti sono sistematicamente trasferiti in centri di detenzione dove vengono mantenuti in condizioni disumane. Gli stupri, le torture, le esecuzioni extragiudiziarie, i lavori forzati e la schiavitù fanno parte delle violenze estreme a cui sono esposti migranti e rifugiati in Libia.
Lo stato francese non può ignorare la situazione che prevale in Libia e le conseguenze di questa fornitura sulla vita e sulla sicurezza delle persone: la Francia diventa ufficialmente complice delle violazioni commesse contro di esse.
Queste imbarcazioni sono il simbolo dell’esternalizzazione verso la Libia delle politiche europee di controllo delle migrazioni. Da molti anni e regolarmente le nostre associazioni e delle istanze internazionali mettono in guardia sulle conseguenze di questa collaborazione per i diritti delle persone migranti e rifugiate che rimangono intrappolate in questo inferno. Il sostegno finanziario e materiale dei governi europei alla guardia costiera libica è aumentato negli ultimi anni, in cambio della loro cooperazione nell’intento di impedire a rifugiati e a migranti di raggiungere le coste europee.
Amnesty International France
Asgi
Avocats sans frontières
Gisti
La Cimade
Ligue des droits de l’Homme
Médecins sans frontières
Migreurop
INFORMAZIONI COMPLEMENTARI
Sul ricorso depositato presso il tribunale amministrativo
Le otto ONG richiedono la sospensione della decisione di consegnare le imbarcazioni alla marina libica, considerati i seri dubbi che pesano sulla legalità della decisione rivelata dalla ministra delle forze armate. Questa sospensione è richiesta nell’attesa di una decisione definitiva da parte del giudice amministrativo sulla questione. Le ONG, rappresentate dall’avv. Crusoé, invocano: 1) la violazione degli embarghi onusiani e europei sulla consegna di materiale militare alla Libia; 2) i regolamenti relativi al trasferimento di equipaggiamenti militari, primo tra tutti il Trattato sul commercio delle armi, che impone alla Francia di non procedere al trasferimento di materiale bellico se questo ha come conseguenza la violazione del diritto internazionale; 3) la responsabilità della Francia “per fatto illecito internazionale” legato alle conseguenze prevedibili della fornitura delle sei imbarcazioni sui diritti umani dei migranti e dei rifugiati intercettati e poi sbarcati sul suolo libico.
Sulle imbarcazioni considerate come equipaggiamento militare
Il ministero delle forze armate ha precisato pubblicamente, il 21 febbraio 2019, che si trattava di fornire delle imbarcazioni rapide con scafo semirigido prodotte dalla ditta francese Sillinger. Secondo le informazioni pubbliche disponibili, si tratterebbe di imbarcazioni di 12 metri di lunghezza, che verrebbero fornite senza armamenti né supporti per armamenti. Secondo la legislazione francese vengono considerate come navi da guerra quelle “appositamente concepite o modificate per uso militare, qualsiasi sia il loro stato di manutenzione o di servizio, che comportino o meno dei sistemi di lancio di armi o una blindaggio”. Essendo considerate materiale militare, queste imbarcazioni sono sottoposte al regime di autorizzazione delle esportazioni di materiale bellico, anche se si tratta, come nel caso presente, di una cessione a titolo gratuito. Una valutazione del rischio relativo all’esportazione di queste sei imbarcazione avrebbe dovuto essere realizzata basandosi sul Trattato sul commercio delle armi e sulla Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell’8 dicembre 2008, che definisce le regole comuni che inquadrano il controllo delle esportazioni di tecnologia e equipaggiamenti militari. Oggi, l’assenza di trasparenza sulle esportazioni di equipaggiamenti militari è tale che è impossibile verificare se la Francia ha rispettato i suoi impegni internazionali.
Sulla situazione dei rifugiati e dei migranti in Libia
Più di 6500 rifugiati e migranti sono attualmente imprigionati arbitrariamente in una quindicina di centri di detenzione libici, ufficialmente sotto l’autorità del ministero degli interni. Tra queste persone detenute, circa 3000 si trovano dal 4 aprile in zone dove sono in corso combattimenti, o in prossimità di queste aree. Bloccate, esposte al fuoco incrociato e con un accesso alle risorse vitali ancora più ridotto che di consueto, devono essere evacuate con la massima urgenza dalla Libia..