63 migranti abbandonati alla morte nel Mediterraneo : i sopravvissuti fanno causa all’esercito belga

FIDH - Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme
LDH - Ligue des droits de l’Homme in Belgio
AEDH - Association européenne pour la défense des droits de l’Homme
Gisti - Groupe d’information et de soutien des immigré.e.s
Migreurop

Tre dei sopravvissuti alla tragedia che nel marzo del 2011 causò la morte di 63 migranti nel Mediterraneo, hanno depositato oggi un ricorso davanti al Tribunale di primo grado di Bruxelles contro l’esercito belga per omissione di soccorso a persone in pericolo.

Il ricorso (in francese) sostiene che nell’aprile del 2011, nel mezzo del conflitto in Libia, le forze miliatri belghe sarebbero state destinatarie delle richieste di soccorso provenienti da un’imbarcazione carica di migranti, e le avrebbero ignorate contravvenendo in tal modo all’obbligo di prestare soccorso a persone in pericolo. Conseguentemente, 72 persone vennero lasciate alla deriva per 15 giorni, nonostante le loro richieste di aiuto fossero state ricevute, e malgrado il contatto avuto con un aereo, degli elicotteri e delle navi militari presenti nella zona.

“Siamo stati sorvolati dallo stesso elicottero quattro o cinque volte. Ci si è avvicinato. Era molto vicino. Potevamo vedere le persone a bordo. Quando si è allontanato abbiamo atteso che ritornasse a soccorrerci ma nessuno è venuto” ha dichiarato uno dei sopravvissuti alla tragedia.

Un’inchiesta condotta dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, pubblicata nell’aprile del 2012, ha concluso che svariate occasioni di salvare le persone a bordo dell’imbarcazione non furono colte e che “I paesi dei quali le navi presenti in prossimità dell’imbarcazione battevano bandiera sono venuti meno all’obbligo, che gli incombeva, di venire in soccorso a queste persone”. In una recente pronuncia riguardante la sorte riservata dall’Italia ai migranti che tentano di raggiungere l’Europa via mare, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha qualificato come intollerabili il disprezzo e l’indifferenza con cui vengono trattati i migranti, e ha affermato che il mar Mediterraneo non è una zona al di fuori della legge.

“L’indifferenza dei militari presenti nella zona ha condotto alla morte di 63 persone. E’ inaccettabile. Le vittime cosi’ come sopravvissuti meritano che sia resa loro giustizia” hanno dichiarato gli avvocati della coalizione.

Questo caso mette ugualmente in causa le forze militari italiane, francesi, spagnole, inglesi, canadesi e statunitensi, anch’esse presenti nei dintorni dell’imbarcazione alla deriva. I sopravvissuti hanno ad oggi depositato ricorsi in Italia, in Francia e in Spagna. In assenza di risposte adeguate del Regno Unito, degli Stati Uniti e del Canda, paesi nei quali non è consentito alle vittime di intentare direttamente un’azione legale, delle richieste d’informazione sono state presentate, al fine di ottenere delle precisazioni sulla posizione e le azioni delle forze armate di tali paesi nel Mediterraneo all’epoca dei fatti contestati.

Riassunto dei fatti:

Nel marzo del 2011, 72 migranti lasciano la Libia in guerra a bordo di un gommone diretto verso l’Italia. Assai rapidamente, perdono il controllo dell’imbarcazione e lanciano dei segnali di soccorso. Il segnale è ricevuto dalla guardia costiera italiana, che a sua volta invia una richiesta di soccorso alla NATO e alle navi militari presenti nella zona indicando la localizzazione dell’imbarcazione. Tali richieste verranno rinnovate ogni 4 ore per i 10 giorni successivi. Nessuno viene in loro soccorso. Il gommone incrocia un aereo, degli elicotteri militari, due navi da pesca e una grossa nave militare, che ignorano i segnali di soccorso. Dopo 15 giorni alla deriva, l’imbarcazione è respinta verso le coste libiche. A bordo, solo 11 sopravvissuti, dei quali 2 muoiono poco dopo lo sbarco in Libia.

63 persone, tra cui 20 donne e 3 bambini, hanno trovato la morte per omissione di soccorso. (cfr comunicato stampa,« 63 morti nel Mediterraneo: l’esercito francese chiamato a rispondere per omissione di soccorso a persone in pericolo » e il rapporto di « Forensic Oceanography » (in francese)).

Nel corso del 2011, anno segnato dalle crisi nel Nord Africa, più di 2000 persone sarebbero perite o andate disperse nel Mediterraneo, mentre le acque al largo della Libia erano massicciamente occupate da forze militari in possesso di sofisticati equipaggiamenti. In occasione del deposito di questo ricorso, la nostra coalizione tiene a ricordare il carattere incondizionato dell’obbligo di assistenza in mare che incombe ad ogni entità presente.

La coalizione di ONG che offre sostegno ai sopravvissuti riunisce le seguenti organizzazioni : Aire Centre, Agenzia Habeshia, Associazione Europea per la Difesa dei Diritti dell’Uomo (AEDH), Associazione Ricreativa e Culturale Italiana (ARCI), Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Boats4People, Centro Canadese per la Giustizia Internazionale, Coordinazione e iniziative per i rifugiati e gli immigrati (Ciré), Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), Gruppo d’informazione e sostegno agli/alle immigrati/e (GISTI), Lega belga dei Diritti Umani (LDH), Lega francese dei Diritti Umani (LDH), Migreurop, Rete degli Avvocati Progressisti, Rete Euro-Mediterranea dei Diritti Umani (EMHRN), Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani (UFTDU).

Leggi il testo della denuncia in Belgio (in francese).

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