Ai Capi di Stato e di Governo in vista del Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre 2013
Il giorno dopo il naufragio che è costato la vita ad oltre 300 persone in prossimità delle coste dell’isola di Lampedusa il 3 ottobre, la rete Migreurop, insieme a numerose altre organizzazioni del sud e del nord del Mediterraneo, ha interpellato l’opinione pubblica sulle responsabilità degli Stati europei e dei paesi che collaborano alla politica migratoria dell’UE (si veda l’editoriale “Lampedusa: l’Europa assassina” del 4 ottobre 2013) e i membri del Parlamento europeo sul ruolo svolto dall’agenzia europea delle frontiere, Frontex (si veda il comunicato “Frontex: sorvegliare o salvare delle vite?” del 9 ottobre 2013).
Alla vigilia del Consiglio europeo, Migreurop chiede ai Capi di stato e di Governo di rinunciare alle politiche securitarie e repressive che hanno preso il posto fino ad oggi delle politiche di asilo ed immigrazione.
I due recenti naufragi, in prossimità delle coste italiane, di barche che trasportavano migranti, sono costati la vita a circa 400 persone. Queste stragi hanno aperto un dibattito sulle politiche europee dell’asilo e dell’immigrazione ed hanno suscitato le reazioni ufficiali dei rappresentanti della Comunità Europea e dei responsabili politici degli Stati membri. Da più parti si è chiesta una revisione di queste politiche.
L’impegno dei responsabili delle politiche europee di rinforzare i mezzi dell’Agenzia Frontex preoccupa le organizzazioni della società civile che lavorano a fianco dei migranti. Si tratterebbe di una falsa soluzione perché Frontex non ha, nel suo mandato, il soccorso in mare o la protezione dei diritti delle persone migranti. E infatti i morti in mare sono aumentati in questi ultimi anni malgrado l’incremento dei mezzi in dotazione. Frontex è il simbolo delle politiche europee repressive che criminalizzano il fenomeno migratorio (penalizzazione del soggiorno irregolare; detenzione amministrativa; pastoie burocratiche che prevalgono sulla necessità di protezione internazionale).
Il Summit europeo del 24 e 25 ottobre rappresenta un occasione per i paesi dell’UE di aprire un dibattito sul cambiamento delle politiche europee di asilo ed immigrazione.
Un approccio repressivo alle migrazioni internazionali, scollegato dalla realtà
Da più di dieci anni la chiusura delle vie di accesso legali al territorio europeo è stata accompagnata dalla messa in campo di misure repressive volte ad impedire ai migranti e ai rifugiati di accedervi. Tra gennaio del 1993 e marzo del 2012 più di 16.000 persone sono morte [1] alle frontiere dell’UE. Oggi più che mai, l’Unione europea deve prendersi le sue responsabilità e invertire la tendenza delle politiche migratorie.
L’Unione Europea non è minacciata dai flussi migratori che andrebbero solo da Sud verso il Nord. La quota di migrazione internazionale è rimasta stabile [2] in questi ultimi 50 anni, attorno al 3% della popolazione mondiale; solo 1/3 di questi migranti internazionali si è spostato da un paese in via di sviluppo a un paese sviluppato. Di più, su 15 milioni di rifugiati nel mondo, 4/5 sono accolti dai pesi in via di sviluppo [3]; l’Africa subsariana da sola accoglie il 25% dei rifugiati nel mondo, l’Unione Europea il 15%.
Costruito sulla base di dati e di analisi errati, l’obiettivo irrealistico della chiusura delle frontiere è stato, dal 2002, la linea guida delle politiche migratorie dell’Unione Europea.
L’assenza di via legali di accesso sul territorio europeo ha rinforzato le reti dei trafficanti di esseri umani. L’esternalizzazione del controllo delle migrazioni si è tradotta in una delocalizzazione, con il subappalto dei controlli delle frontiere europee ai paesi confinanti, senza alcuna garanzia per il rispetto dei diritti dei migranti e dei rifugiati.
La cooperazione con i paesi terzi si è spesso tradotta in un’utilizzazione dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo per controllare i flussi migratori, in cambio della sottoscrizione di accordi di riammissione. I paesi membri dell’UE non hanno esitato a firmare accordi con dittatori, segnatamente in Tunisia ed in Libia. L’Agenzia Frontex è divenuta operativa nel 2005 per controllare le frontiere esterne: mano a mano che il suo budget è aumentato, è cresciuto, in parallelo, il numero dei morti nel Mediterraneo (fonte Migreurop). Frontex, che ha una sua personalità giuridica, può, a tutt’oggi, firmare accordi con i paesi terzi senza una preventiva autorizzazione del Parlamento Europeo. Questi accordi favoriscono le espulsioni in questi paesi e, in ultima analisi, servono per individuare, a monte, i migranti indesiderati. Ciò si traduce, in questi paesi, nell’uso di pratiche che violano i diritti umani dei migranti [4] : violazione del diritto d’asilo e del principio di non respingimento; detenzione illegale; violazione del diritto alla difesa e la non effettività del diritto; trattamenti inumani e degradanti che causano la morte di numerosi migranti.
Cambiare il paradigma della politica migratoria europea
E’ urgente allora agire a livello europeo per riaffermare l’intangibilità del diritto internazionale: i paesi membri dell’Unione Europea hanno firmato la Convenzione di Ginevra su lo status di rifugiato: solo l’applicazione effettiva di questa convenzione, in particolare il rilascio dei visti, permetterà di evitare altri drammi nel Mediterraneo.
L’UE non deve lasciare la responsabilità dei rifugiati ai paesi che non ne sono membri e che oggi non assicurano alcuna effettiva protezione. Questo spinge le persone in fuga dai conflitti, come i siriani o i rifugiati del campo di Choucha in Tunisia, a prendere il mare mettendo in pericolo la loro vita. Al contrario, gli Stati membri devono rafforzare la solidarietà tra di loro, non lasciando l’accoglienza dei rifugiati ai soli paesi europei situati lungo le frontiere esterne.
Il ruolo dell’Agenzia Frontex deve essere messo in discussione: non si tratta di un’agenzia di soccorso in mare, ma di uno strumento repressivo che impedisce ai migranti e rifugiati di entrare in Europa. I mezzi che ad essa sono stati destinati non assicurano la protezione delle persone in mare, protezione che è invece va garantita in base alle convenzioni internazionali.
Sono stati segnalati casi di omissione di soccorso a persone in pericolo, mentre sulle persone intercettate da Frontex e segnatamente sul loro accesso effettivo al diritto di asilo regna una vaghezza assoluta. Frontex è una delle cause delle morti in mare: per evitare le pattuglie, le imbarcazioni prendono rotte sempre più lunghe e pericolose.
In fine il sostegno ai paesi del sud del Mediterraneo non deve iscriversi in una dinamica di controllo dei flussi migratori, ma in una politica di cooperazione tra uguali, tra paesi che storicamente condividono un medesimo spazio comune, dove gli scambi umani, culturali ed economici sono sempre stati la regola. Sul punto si rileva che i partenariati per la mobilità proposti in diversi paesi della regione dopo le rivoluzioni in Tunisia ed Egitto sono completamente sbilanciati, e rivolti solo agli interessi dell’Unione europea.
Questo cambiamento di visione è urgente. Per questo speriamo in una presa di posizione forte in occasione del Vertice Europeo del 24 e 25 ottobre per chiedere una politica europea d’asilo e d’immigrazione basata sul rispetto dei diritti delle persone migranti e non sulla repressione.
Cifre chiave
Nel giugno 2009, 75 boat people intercettati dalla guardia costiera italiana, con il supporto dell’elicottero tedesco dell’operatione Frontex Nautilus IV, sono stati riconsegnati alle autorità libiche ; l’talia é stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Nel 2011 almeno 1 500 persone sono morte nel Mediterraneo malgrado il pattugliamento in zona delle navi della Nato.
Il bilancio di Frontex é passato da 19 milioni di euro nel 2006 a 118 milioni di euro nel 2011. Anche se il suo bilancio si è ridotto nel 2012 (89 milioni di euro) è l’Agenzia operativa più finanziata dell’UE.
Tra il 3 e l’11 ottobre 2013, non meno di 400 persone sono morte nel mar Mediterraneo
4/5 dei rifugiati nel mondo sono accolti da un paese in via di sviluppo; il Libano ha accolto 1.3 milioni di rifugiati siriani (equivalenti al 30% della popolazione locale)
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Allegati :
Editoriale “Lampedusa: l’Europa assassina” – Libération 4 ottobre 2013 ;
Comunicato stampa “Frontex: sorvegliare o salvare delle vite?” - 9 ottobre 2013 octobre 2013
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