Morsa mortale nel Mar Mediterraneo

Centinaia di migranti nei barconi, uccisi dalla non azione della coalizione internazionale

Dal gennaio 2011, più di 1.000 migranti sono morti in mare cercando di raggiungere le coste fortificate delle sponde sud dell’Unione europea. Si sono aggiunte agli altri 15 000 morti, vittime di una guerra ai migranti, che raggiunge attualmente l’apice della dell’inumanità. Cosi, secondo le informazioni, una nave che trasportava oltre 600 persone è dispersa al largo delle coste libiche [1], nell’indifferenza generale.

Questa indifferenza uccide. Nella sua edizione dell’ 8 maggio, il quotidiano britannico The Guardian ha riferito che all’inizio di aprile una sessantina di migranti che si trovavano su una barcone sono morti di fame e sete dopo essere rimasti alla deriva per giorni e giorni. Sotto la minaccia delle patruglie che hanno il compito di impedire che si avvicinino alle coste italiane e maltesi, erano anche sotto lo sguardo delle patruglie della coalizione internazionale impegnata in Libia.

Un’ inchiesta imparziale deve determinare al più presto a responsabilità di tutti gli attori che hanno mancato nel loro dovere di assistenza ai mezzi e persone in difficoltà, violando le leggi più elementari del diritto marittimo internazionale.

Al di là di questi eventi, sintomatici delle contraddizioni di una coalizione garante della "responsabilità di protezione" difesa dalla comunità internazionale, è l’insieme della politica europea d’ immigrazione e di controllo delle frontiere che resta messa in causa.
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Dall’inizio degli anni 2000, i paesi del Nord Africa svolgono il ruolo di guardiani delle frontiere d’Europa, cacciando e detenendo le persone che vogliono far valere il loro diritto ad emigrare (art 13 de la Dichiarazione Universaledei diritti dell’uomo). L’esternalizzaione dei controlli migratori ai regimi dittatoriali è il perno della „politica di vicinato“ dell’UE. Di fronte agli eventi storici che investono il mondo arabo, la reazione dei paesi europei è stata quella di mettere sotto pressione le forze politiche derivanti delle rivolte popolari (Governo Provvisorio Tunisino, il Consiglio nazionale di transizione Libico) per assumere pienamente l’eredità repressiva e liberticida dei dittatori-partner dell’UE.

Per impedire che alcune migliaia di persone, cogliendo l’opportunità dell‘indebolimento dei sistemi di controllo alle frontiere, tentassero di raggiungere l’Europa, l’agenzia Frontex ha schierato le sue forze militari (navi, aerei, elicotteri ...) attorno all’isola di Lampedusa al largo delle coste della Tunisia e Libia. L’obbiettivo dell’operazione Hermes è la dissuasione di tutte le partenze verso nord, a dispetto della Convenzione di Ginevra del 1951 e del principio di non respingimento dei richiedenti asilo.

I profughi che partono dal Nord Africa e che cercano protezione in Europa sono oggi imprigionati in una morsa mortale. Da un lato, il regime libico gli spinge sui relitti del mari, dall’altro le navi dei paesi della coalizione internazionale che si rifiutano di assistere i barconi a rischio.

Gli Stati europei e l’agenzia FRONTEX non possono continuare a violare impunemente le convenzioni internazionali in materia di soccorso marittimo e di protezione dei rifugiati. Un’ intervento solidale dell’Unione europea nel Mediterraneo è possibile [2] e deve mettere fine all’atteggiamento disumano dei paesi europei nei confronti dei migranti partiti dal Nord Africa.

Finche quest’ostilità esiste, la coalizione impegnata nel nome della "responsabilità di proteggere" continuerà a uccidere a disprezzo del diritto internazionale che suppone incarni

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