L’UE costringe i suoi vicini a farsi carico della sua politica di non accoglienza
Mentre si svolge l’11 e 12 novembre il summit Europa-Africa de La Valetta, la rete Migreurop sottolinea come, dietro la cooperazione e lo sviluppo, l’UE si dedica in realtà a un vero e proprio mercanteggiare con gli Stati africani al fine di subappaltargli il controllo delle sue frontiere, di restringere le possibilità di circolare liberamente e favorire, al contrario, la detenzione e le espulsioni dei profughi illegalizzati.
A solo qualche settimana dall’ondata di emozione planetaria suscitata dalla foto del cadavere del piccolo Aylan Kurdi approdato su una spiaggia turca, le maschere sono cadute. Dai summit ministeriali straordinari ai “discorsi storici” dinnanzi al Parlamento europeo, passando per i piani d’azione ed altri testi della Commissione, l’UE ha chiaramente riaffermato le sue priorità in materia di controllo delle frontiere, sub-appalto della gestione migratoria ai paesi limitrofi e dissuasione delle migrazioni:
- Con gli “hotspots”, campi utilizzati per distinguere i “buoni rifugiati” dai “cattivi migranti”, la detenzione degli stranieri si generalizza, anche per i richiedenti asilo. Gli Stati europei sarebbero pronti a “condividere il peso” dell’accoglienza di una (piccola) parte dei richiedenti asilo, ma a condizione che le garanzie procedurali – già scarne – che la legge riconosce a tutti i migranti siano messe da parte. Gli “hotspots” sono prima di tutto pensati come catalizzatori di espulsione finalizzati a rafforzare il “tasso di rimpatrio” dei profughi considerati non degni del graal della “ricollocamento” (la possibilità di rientrare nelle quote di rifugiati aspramente negoziate dagli Stati membri).
- La volontà di subappaltare il controllo delle frontiere, ma anche l’accoglienza dei richiedenti asilo, agli Stati vicini dell’UE è riaffermata. Il 7 ottobre scorso, davanti al Parlamento europeo, il Presidente della Repubblica francese ha dichiarato “è in Turchia che i rifugiati devono, per quanto possibile, essere accolti”. Stessa linea per la Commissione e la maggioranza degli Stati membri, malgrado siano oltre due milioni i siriani che hanno già trovato rifugio in un paese condotto dal Presidente Erdogan verso una deriva autoritaria e in balia di una vera e propria strategia della tensione nei confronti della minoranza curda e delle forze democratiche.
- Si è aperta una nuova tappa della militarizzazione dei controlli migratori. In nome della lotta contro gli scafisti e i “trafficanti di esseri umani” si sconfina in una vera e propria guerra ai migranti. I bastimenti militari dell’operazione EUNavfor Med, ribattezzata cinicamente Sophia, possono d’ora in poi effettuare ispezioni in altro mare a bordo delle imbarcazioni sospettate di contribuire al traffico di esseri umani. Domani, se l’ONU da il suo accordo, queste intercettazioni, se non la vera e propria distruzione di imbarcazioni, potranno essere condotte nelle acque territoriali libiche. Con ogni probabilità, i passeggeri strappati ai loro presunti carnefici finiranno nei centri di detenzione italiani o saranno rimessi, in Libia o altrove, nelle mani di coloro che cercavo di fuggire.
Con il rafforzamento dei mezzi finanziari, materiali e giuridici dell’agenzia Frontex, l’UE si organizza per rendere il suo territorio inaccessibile. Dopo aver bloccato ogni possibilità di raggiungere l’Europa per via aerea, rifiutando di accordare i visti necessari alle persone che costituirebbero un “rischio migratorio”, i dirigenti europei sognano un vero e proprio blocco delle coste del Nord Africa e della Turchia. Non solo, ma vorrebbero completare queste misure di chiusura con un ponte aereo per il rimpatrio forzato di tutti coloro che, a rischio della vita, riescono a raggiungere la Grecia o l’Italia, avanposti dell’UE, oggi “hotspots”.
Per raggiungere questi obiettivi, gli Stati membri e l’UE sono pronti ad ogni compromesso: le operazioni militari condotte dai contingenti francesi e belgi nel Sahel usate come mezzi per interrompere le rotte migratorie, il progetto di apertura di campi in Niger per organizzare i “rimpatri” a monte delle frontiere europee, i sussidi concessi agli stessi regimi repressivi da cui fuggono decine di migliaia di richiedenti asilo (come il Sudan e l’Eritrea nel quadro del “processo di Khartoum”) affinché trattengano le loro popolazioni e mettano in sicurezza le loro frontiere...
Tali contrattazioni, ed in particolare la questione degli accordi di riammissione (in altre parole l’impegno degli Stati di origine e di transito a “riprendere” le persone espulse dall’Europa), saranno al centro del prossimo Summit euro-africano a La Valletta (11-12 novembre 2015). Per far accettare le dimissioni morali dell’UE e la rinuncia ad applicare le grandi convenzioni internazionali di tutela dei diritti umani, le autorità europee continueranno a ricorrere alla politica de terrore: gli equilibri nazionali ed europei sarebbero messi in pericolo dal “più grande afflusso migratorio dalla fine della seconda guerra mondiale”. Per questo, le statistiche fornite da Frontex ci sono continuamente propinate: “E’ necessario ricordare che l’Europa fa fronte ad una pressione migratoria senza precedenti? Che dall’inizio dell’anno l’agenzia Frontex ha già contabilizzato più di 710 000 ingressi irregolari sul territorio europeo?” scrive il Ministro dell’interno francese in risposta ad un rapporto del “Défenseur des droits” (istituzione nazionale di tutela dei diritti umani, NdT) che denunciava la situazione di migliaia di migranti bloccati a Calais e costretti a vivere in accampamenti di fortuna.
La stessa agenzia Frontex ha tuttavia riconosciuto che le sue cifre sono distorte in quanto contabilizzano gli attraversamenti di frontiere e non le persone. Lungo il tragitto per raggiungere, ad esempio, la Germania o il Nord Europa, una stessa persona è quindi registrata diverse volte. In effetti, in molti paesi dell’UE (in Francia, in Grand Bretagna, in Italia...), le statistiche nazionali in materia di richieste d’asilo non sono cresciute nel 2015. Nonostante ciò, proprio le statistiche di Frontex sono utilizzate per contrastare i movimenti di solidarietà con i profughi e supportare posizioni inospitali se non xenofobe. Queste cifre occultano meticolosamente che nel 2015, l’UE resta un miraggio per migliaia di profughi, ma si limita ad accogliere coloro che sopravvivono agli ostacoli posti sulle loro rotte. L’UE non è più una terra d’asilo. Lo dimostra il fatto che la Turchia – che l’Unione vorrebbe trasformare in guardiano dell’impenetrabilità delle sue frontiere – accoglie almeno quattro volte più rifugiati che l’insieme dei 28 Stati membri. Per arrivare ad un tale risultato, l’Europa si gioca tutte le sue carte e difende ostinatamente il principio secondo cui la maggior parte della popolazione mondiale sarebbe destinata agli “arresti domiciliari” e l’applicazione di fatto di un “delitto di emigrazione” contrario a tutti i testi internazionali, in particolare all’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. La non accoglienza, il diniego dei diritti fondamentali, le contrattazioni più ciniche, sono questi i valori che l’UE porterà al tavolo dei negoziati a La Valletta l’11 e il 12 novembre prossimi.
traduzione Alessandra Capodanno