Visita dal CIE de Lamezia Terme

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Gestione delle informazioni, cioè l’assenza di trasparenza.

Dalla nostra visita al Centro di Identificazione ed Espulsione di Pian Del Duca (Lamezia Terme) è emersa una quasi completa mancanza di informazione in merito ai diritti dei quali gli immigrati presenti all’interno del centro sono titolari.
In particolare molte carenze sono emerse relativamente alle informazioni di carattere legale ed alla possibilità di chiedere protezione internazionale. Alle persone recluse infatti viene chiesto solamente se vogliono richiedere lo status di asilo politico, condizione questa rifiutata dalla maggioranza dei migranti. Si omette invece di proporre ed informare loro sulla possibilità di richiedere altre forme di protezione.
Molti dei migranti non hanno la minima consapevolezza della situazione giuridica in cui si trovano. Non distinguono i diversi centri (CARA, CIE, a volte carcere) e non riescono a capire i diversi trattamenti e regolamenti ai cui vengono sottoposti nelle differenti strutture.

Il modo nel quale vengono trattate formalmente/legalmente le persone.

In merito al modo nel quale gli immigrati presenti vengono trattati vanno evidenziati molti aspetti a dir poco carenti. Possiamo far riferimento in primo luogo a questioni di carattere igienico sanitario, quali la fornitura di lenzuola ed asciugamani, o peggio la gestione di sindromi tipicamente riscontrabili in tale categoria di soggetti. Dai racconti risultano, infatti, presenti patologie tipiche dei soggetti migranti quali forte stress, disturbi del sonno e depressione.
A parte la totale disinformazione sulle loro condizioni il rapporto con polizia e personale del centro non risulta ostile. Le persone recluse ci hanno raccontato, in privato, gli scontri avvenuti a cavallo della notte di capodanno 2011, quando dopo un tentativo di fuga collettiva, vi sono state violenze da parte della polizia nei confronti dei migranti. Alcuni migranti sono comunque riusciti a fuggire quella notte, circostanza questa ammessa dalle forze di polizia e negata dal responsabile del centro.
Al contrario, elementi positivi, sono emersi in merito alla struttura che ospita il centro da poco risistemata. Pur avendo infatti pochi spazi ricreativi (un unico cortile all’aperto), non possiamo dire che essa sia carente in quanto ad ambienti vitali, è infatti dotata di una ampia sala mensa, di bagni idonei e di varie camere da letto ognuna ospitante al massimo 5 letti.

Le cose che abbiamo visto.

Circa 40 ragazzi tunisini con indosso non scarpe ma ciabatte di gomma, pur essendo in inverno, circostanza dovuta alla mancanza di consegna da parte dell’autorità di gestione di scarpe idonee (nonostante i ragazzi si trovino nel centro da oltre un mese).
Lenzuola, coperte e asciugamenti fatiscenti;
Verso la fine della visita quando le guardie si sono allontanate i reclusi ci hanno mostrato i loro telefoni cellulari, tutti con l’obiettivo della videocamera rotto. Ci hanno detto che li costringono a rompere l’obiettivo se vogliono portarsi dentro il telefono. La polizia ha detto che hanno ricevuto quest’ordine ma non hanno saputo darci una motivazione in merito.

Le cose che ci hanno raccontato i migranti/richiedenti asilo.

Dai racconti dei migranti è emerso come molte delle modifiche alla struttura quali ritinteggiatura delle pareti, sistemazione delle caldaie, e pulizie straordinarie siano state effettuate solo nei giorni immediatamente precedenti alla nostra visita.
Ancora i migranti hanno evidenziato come non sia così semplice ottenere un incontro con un avvocato e, come anche gli incontri con il medico e con l’assistente sociale presente non portino ad effettive soluzioni dei loro problemi.
Gli stranieri lamentavano inoltre la mancanza di lenzuola, coperte ed asciugamani pulite.
Altro elemento di notevole importanza è il fatto che ognuno dei migranti aveva il telefono cellulare con la fotocamera rotta, gli stranieri hanno affermato che sono state rotte dalla polizia e, anche la polizia ci ha confermato che il regolamento non prevede la possibilità per i detenuti di tenere con se nessun dispositivo elettronico in grado di riprendere e riprodurre immagini.
I tunisini, che hanno già la notifica del decreto di respingimento, hanno dichiarato che l’avvocato del centro l’hanno visto solo una volta da quando sono reclusi (34 giorni al 14 marzo) ed in quell’occasione, con l’ausilio del mediatore linguistico, ha fatto firmare a tutti loro un foglio, senza spiegargli, né l’avvocato, né il mediatore, cosa fosse. Non sanno se era per fare la procedura per fare ricorso contro il ricongiungimento nei 60 giorni. Supponiamo sia la notifica di respingimento.
L’avvocato del centro è stato visto dagli ospiti solo in quel caso in 34 giorni e non 3 volte alla settimana come previsto
Non a tutti i tunisini è stata fatta la visita medica dopo più di 30 giorni di reclusione

Le cose che ci hanno raccontato al telefono (eventuali telefonate al numero verde dal CIE visitato)

Non abbiamo avuto contatti telefonici con i migranti reclusi nel Cie.

La risposta della polizia e dell’ente gestore

Le forze dell’ordine hanno illustrato un quadro abbastanza tranquillo nel quale si svolge il loro lavoro e in merito al rapporto con i migranti.
Ci hanno permesso di distribuire ai migranti il depliant multilingue col numero verde dell’Arci per sostegno ai richiedenti protezione, ma non ci hanno permesso di fare fotografie neppure ai locali.
L’unico mediatore culturale del centro, un tunisino che è lì da quasi sei anni, ci ha detto che lui stesso informa i migranti sulla possibilità di richiedere l’asilo e di adire agli avvocati del foro di Lamezia Terme. Secondo lui i migranti non si fidano degli avvocati in genere e solo le persone che escono dal carcere hanno un rapporto con un avvocato di fiducia.

Il documento, se c’è, del senatore/deputato/consigliere che è entrato con noi (che poi va allegato)

Una conclusione con nostre considerazioni, comprese le circostanze che pensiamo ledano la legge e i diritti umani o che si configurino come torture o trattamenti disumani o degradanti.

Concludiamo le nostre considerazioni affermando che il CIE di Pian Del Duca, a nostro parere, lede il diritto dei migranti ad avere una chiara situazione in merito alla situazione giuridica in cui essi si trovano, nonché in merito ai bisogni primari di ciascun uomo, quali la salute psico-fisica.
La voluta disinformazione e manipolazione delle informazioni da parte della struttura dell’ente aumenta quel clima pesante di stress psicologico e tensioni che si respira all’interno del centro.
La struttura è appena stata messa a nuovo e tra poco vedrà incrementati i posti letto, ma lo spazio vitale esterno è ridotto e manca una parte coperta.