Dopo la strage a Lampedusa, intervista al ministro della Solidarietà sociale

"I giovani africani cercano in Europa la sopravvivenza"

"Trenta milioni di giovani tra i 18 e i 25 anni premono sulle coste del continente africano, con negli occhi la speranza di raggiungere l’Europa".

Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, non nasconde il problema: la tragedia di ieri a largo di Lampedusa, con decine di immigrati morti e dispersi in mare, insieme al caso della giovane pachistana uccisa dal padre a Brescia, rilanciano drammaticamente l’emergenza immigrazione.

"I flussi migratori vanno certo governati - ammette il ministro Paolo Ferrero - ma sapendo bene che siamo di fronte a un fenomeno inarrestabile".

Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, ha affermato che quella di ieri "non è solo una tragedia, ma un vero e proprio crimine", augurandosi che la magistratura si impegni "a scardinare una buona volta le organizzazioni criminali" responsabili. E’ d’accordo con questa posizione?

"Certo, non si può che condividere la richiesta del massimo rigore nella repressione di queste spregevoli tratte di esseri umani, colpendo duramente chi ci lucra".

Due giorni fa sono stati soccorsi e portati a Lampedusa 221 immigrati, che si trovavano su una "carretta del mare" in difficoltà. Ieri dopo la tragedia, ci sono stati ancora altri sbarchi. Come pensate di governare il fenomeno?

"Guardi, non nascondiamocelo: il problema è complesso e investe molte nazioni europee. Per questo bisogna mettere in campo una strategia articolata. Prima di tutto, dobbiamo facilitare gli ingressi legali nel nostro Paese. Parlare di inverosimili chiusure e barriere, infatti, non fa altro che alimentare i canali dell’immigrazione clandestina. Ma non basta".

Cos’altro?

"Si deve cercare il modo di rafforzare e rendere più efficaci gli accordi di cooperazione internazionale con i principali Paesi d’origine dei flussi migratori. Solo in tal modo si può sperare di bloccare sul posto i tanti tentativi disperati di raggiungere le nostre coste, a rischio della vita".

Queste misure le sembrano sufficienti a limitare il fenomeno degli sbarchi?

"Siamo sinceri e affrontiamo la realtà. Tempo fa il mio collega spagnolo mi ha fornito una stima impressionante: nel continente africano ci sarebbero trenta milioni di giovani, di età compresa tra i 18 e i 25 anni, pronti a lasciare casa e affetti e a rischiare la vita pur di raggiungere un Paese ricco, che offra loro una qualche possibilità di sopravvivenza. Questa è la verità. E poi, non limitiamoci a trattare l’immigrazione solo come un problema da risolvere".

Parla dell’economia occidentale e della crescente necessità di manodopera straniera?

"È questo il punto: integrandoli, non facciamo solo un favore agli immigrati, ma anche alla nostra economia, che ne richiede sempre di più la presenza. Sono loro che vengono a fare lavori che spesso gli italiani non vogliono più fare. Ribadisco: siamo di fronte a un fenomeno enorme, che noi italiani siamo abituati a vedere dal punto di vista di chi parte. Abbiamo avuto 28 milioni di emigrati. Eravamo un Paese di emigrazione e oggi dobbiamo capire di essere diventati un Paese di immigrazione".
 

Source: www.meltingpot.org